I fondamenti del dialogo ecumenico

M. Salani (a cura di), Cristianesimo Cristianesimi. Fra conflitti e ricerca di pace, Pisa, Plus, 2011, pp. 69-84

I Fondamenti del dialogo ecumenico

Silvia Nannipieri

Premessa: le parole

prima di presentare, sia pure a grandi linee, una storia del dialogo ecumenico è necessario chiarire i termini lessicali che stanno alla base di questa storia. perché un dialogo autentico abbia luogo, infatti, si deve poter parlare la stessa lingua o avere una conoscenza sufficiente della lingua dell’altro.

nel campo che stiamo affrontando questo non è affatto scontato.

Il termine Ecumene significa letteralmente Terra abitata e dunque l’ecu- menismo è la convinzione che la terra debba essere abitabile per tutti. È un processo storico, ma anche una visione del mondo così come un atteggiamento mentale che proclama un principio e, allo stesso tempo, indica un cammino per realizzarlo nella storia.

La terra è una casa per tutti. a partire da questo assioma il movimento ecumenico si propone di studiare metodi e strumenti per vivere nel reciproco rispetto dentro la stessa casa.

pur essendo dunque un termine ad ampio respiro, per dialogo ecumenico si intende in particolare il confronto, a vari livelli, all’interno della stessa religione: il cristianesimo. I dialoganti sono cristiani di diverse chiese o deno- minazioni o confessioni.

anche in questo caso il vocabolario è importante. Il termine chiesa indi- ca un’assemblea, sottolinea le persone fisiche che compongono un gruppo, Denominazione pone l’accento su una definizione, ha una valenza si potrebbe dire più anagrafica, Confessione è il più coinvolgente, indica una professione di fede. In ogni dialogo le parole sono importanti e la loro scelta non può essere mai lasciata al caso o, peggio, al pregiudizio. ogni comunicazione autentica non può che essere frutto di mediazione.


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1. I primi passi

Il movimento ecumenico nacque in un contesto missionario ma fu preparato da lontano, principalmente dalla cultura pietista del XVIII secolo in germania1.

Convenzionalmente si fa risalire l’inizio del movimento ecumenico moderno al 1910, l’anno della Conferenza mondiale della Missione tenutasi a edimburgo. I rappresentanti delle società missionarie protestanti, più di 1300 persone, si riunirono per confrontarsi su problemi e difficoltà incontrate e concordarono sull’urgenza di trovare rimedio agli scandali e ai danni causati alla missione dalla divisione tra le chiese.

un secondo passo importante, anche perché maturato in tutt’altro ambiente, può essere considerato un piccolo gesto simbolico ma fortemente innovativo compiuto pochi anni dopo. nel gennaio del 1920, una lettera del Patriarcato ortodosso di Costantinopoli venne ufficialmente indirizzata a tutte le chiese di Cristo, ovunque si trovino. all’inizio dell’estate dello stesso anno, un nuovo intervento, questa volta da parte anglicana confermò l’estendersi di questa nuova sensibilità: i vescovi riuniti a Lambeth, il palazzo londinese dell’arcivescovo di Canterbury, pubblicarono un appello a tutti i cristiani.

da allora il percorso ecumenico si muove su due binari fondamentali: quel- lo del dialogo teologico e quello che viene definito il cammino dell’ecumenismo pratico. Quest’ultimo prese avvio nel 1925 a stoccolma con la nascita del gruppo “Vita e azione”, dall’idea che non la teologia ma l’impegno sociale, le relazioni e la preghiera uniscono. due anni più tardi, nel 1927, a Losanna, il dialogo teologico portò alla nascita del movimento “fede e Costituzione” che si propone di affrontare le questioni dottrinali che dividono i cristiani.

Con il passare degli anni, nel mondo protestante, crebbe la percezione della necessità di far convergere i due movimenti, evidentemente comple-

1 Il pietismo è un movimento religioso sorto e diffusosi soprattutto in germania nel corso del XVII secolo sotto la guida di p. spener, fondatore dei “Collegia pietatis” piccoli gruppi biblici che si riunivano in case private. nasce sulla spinta di idee riformiste nei confronti della chiesa luterana contro un’osservanza formale e in favore invece di una maggiore coerenza e una più pro- fonda spiritualità. promuoveva lo studio della sacra scrittura, il sacerdozio universale, quindi una maggiore considerazione dei laici, un vero e proprio dialogo con i non credenti e un cammino di perfezione, ispirato alla mistica trecentesca, che attraverso le tre parole chiave, silenzio, impertur- babilità, pazienza, conducesse a tradurre in pratica, con gesti e istituzioni di carità, una vita santa.


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mentari, visto che Vita e Azione si occupa della presenza e dell’attività delle Chiese nel mondo, mentre Fede e Costituzione affronta direttamente le diffe- renze dottrinali.

dopo la II guerra mondiale, sulla scia della nascita di altri organismi inter- nazionali (quali l’onu), si arrivò all’idea di creare un organismo comune anche tra le chiese: il Consiglio ecumenico delle Chiese (CeC o WCC). esso nasce ufficialmente ad amsterdam nel 1948 con sede a ginevra.

Il Consiglio ecumenico delle Chiese (in inglese World Council of Churches, letteralmente: Consiglio Mondiale delle Chiese) è il più grande segno e il più importante strumento del cammino ecumenico delle Chiese cristiane. Costituisce l’organismo ecumenico più rappresentativo finora realizzato. ne fanno parte più di trecento Chiese di tutti i continenti.

La Chiesa cattolica fu l’ultima ad unirsi a questo movimento storico. L’apertura si ebbe con il Concilio Vaticano II. una sostanziale rottura con le tesi più intransigenti si ebbe con il pontificato di giovanni XXIII, soprattutto con alcuni suoi interventi, redatti da lui personalmente, come l’allocuzione Gaudet mater ecclesia, con la quale apriva il concilio Vaticano II l’11 ottobre 1962 affermando la necessità di distinguere la sostanza del deposito della fede dal modo della sua enunciazione. Questa affermazione fondamentale, che consenti- va una rilettura storica del dogma e una sua riespressione nei termini contem- poranei, venne ripresa dal concilio (Unitatis redintegratio 6 e Gaudium et spes 62) e costituisce uno dei fondamenti del dialogo ecumenico contemporaneo.

Il cammino, anche all’interno della Chiesa cattolica, era partito ovvia- mente da lontano, il Concilio raccolse spinte, esigenze e sensibilità maturate lentamente in vari ambienti (basti pensare a J.p. Couturier che istituì la set- timana di preghiera per l’unità dei cristiani nel 1908 o tutto il lavoro svolto tra il 1952 e il 1969 dalla Conferenza cattolica per le questioni ecumeniche) e ha continuato a grandi passi, che oggi sembrano piccola cosa ma che hanno per- messo di crescere nella comprensione del Vangelo portando, nell’arco di 50 anni, dal divieto ai fedeli cattolici di pregare insieme ai protestanti (enciclica mortalium animos 1928)2 all’invito a moltiplicare le occasioni di preghiera con i cristiani delle altre confessioni religiose3.

2 Il testo dell’enciclica si può trovare sul sito www.vatican.va. 3 “siamo al centro della settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani, un’iniziativa ecu-


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dal 1995, con l’Enciclica Ut Unum sint è ufficialmente espresso un giudi- zio positivo sulla nascita e lo sviluppo del movimento ecumenico con chiaro riferimento a quella Conferenza di edimburgo che pure si svolse in ambito totalmente protestante.

oggi l’ecumenismo è un cammino su tre piani: teologico, pastorale-spiri- tuale, di rinnovamento e riforma delle chiese, investe cioè sia la conversione personale che il rinnovamento istituzionale.

2. Le principali istituzioni del dialogo

L’impegno ecumenico personale, di ogni singolo, è fondamentale ai fini di un vero cambiamento di mentalità ma resterebbe nel campo delle buone inten- zioni se non si traducesse in strutture istituzionali reciprocamente riconosciu- te in grado di ufficializzare la volontà delle chiese di mettersi in relazione.

Chiesa cattolica

a livello mondiale: – fin dal 1952 cominciò a riunirsi, e continuò poi ogni anno fino al

1969, la Conferenza cattolica per le questioni ecumeniche. essa era guidata dall’olandese Johannes Willebrands, ebbe tra i suoi maggiori protagonisti il domenicano Yves Congar e il gesuita agostino Bea che contribuirono in maniera sostanziale all’elaborazione di alcuni dei documenti conciliari di maggior rilievo.

Il frutto istituzionale di queste prime esperienze fu il Segretariato per l’Unio- ne dei Cristiani istituito da giovanni XXIII il 5 giugno 1960. Il segretariato non solo avviò contatti ufficiali con i responsabili della

Chiesa anglicana, delle chiese ortodosse e delle chiese protestanti (anche

menica, che si è andata strutturando ormai da oltre un secolo, e che attira ogni anno l’attenzione su un tema, quello dell’unità visibile tra i cristiani, che coinvolge la coscienza e stimola l’impegno di quanti credono in Cristo. e lo fa innanzitutto con l’invito alla preghiera, ad imitazione di gesù stesso, che chiede al padre per i suoi discepoli ‘siano uno, affinché il mondo creda’ (gv 17, 21). Il richiamo perseverante alla preghiera per la piena comunione tra i seguaci del signore mani- festa l’orientamento più autentico e più profondo dell’intera ricerca ecumenica, perché l’unità, prima di tutto, è dono di dio” (Benedetto XVI, udienza generale 20 gennaio 2010).


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riguardo ai temi del Concilio), ma prese contatto per la prima volta con gli organismi confessionali a livello mondiale, come la Conferenza di Lambeth che riunisce tutte le chiese anglicane, invitandone delegati a presenziare a sedute del Concilio.

L’attività di quest’organismo fu importantissima per tutta la durata del Concilio in relazione ai documenti pastorali su ecumenismo, libertà reli- giosa, relazioni della chiesa con le religioni non cristiane e, insieme alla Commissione teologica, anche su quello sulla divina rivelazione.

finita la stagione del Concilio, l’esistenza del Segretariato non cessò ma fu trasformata da paolo VI in Ufficio permanente della Santa Sede e, con la ristrut- turazione della Curia romana voluta da giovanni paolo II, nel 1989 è dive- nuto Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei cristiani conservando tutti i precedenti mandati. nel 1993 il pontificio Consiglio ha promulgato il nuovo Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo che “intende motivare l’attività ecumenica, illuminandola, guidandola e, in alcuni casi particolari, dando anche direttive obbligatorie” (n. 6)

a livello italiano:

– – –

nella maggior parte delle diocesi italiane si trova un Ufficio per l’Ecume- nismo e il Dialogo che opera attraverso commissioni ed ha un responsabile nella figura di un Delegato diocesano nominato dal proprio vescovo. I Delegati diocesani partecipano, tra l’altro, alle apposite Commissioni delle Conferenze episcopali Regionali, convocate localmente, e ad almeno una assemblea annuale nazionale presieduta dal vescovo delegato dalla CeI.

In alcune zone sono stati costituiti Consigli di Chiese, ovvero dei Forum che riuniscono rappresentanti di varie chiese presenti in una città, una regione o comunque un’area definita4.

a livello europeo: – Il Consiglio delle Conferenze episcopali d’europa (CCee) collabora

stabilmente attraverso appositi delegati, e mediante incontri periodici a tema, con la Conferenza delle chiese europee (KeK).

4 Cfr. direttorio 1993, n. 166.


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Chiese protestanti e alcune chiese ortodosse

La KeK (conferenza delle chiese europee, in tedesco Konferenz europaischer kirchen) è formata da rappresentanti di molte chiese protestanti, anglicane, veterocattoliche e ortodosse europee. attualmente le chiese membri sono circa 120 sparse in 26 paesi dell’europa occidentale e orientale. La prima assemblea generale fu tenuta in danimarca nel 1959, da allora ne sono state tenute altre otto. nel maggio 1989 per la prima volta KeK e CCee organizzarono insieme l’assemblea di Basilea. sull’onda delle grandi speranze respirate in europa nei concitati mesi che precedettero la caduta del muro di Berlino i temi messi sul tappeto furono “giustizia, pace e salvaguardia del creato” e a discuterli concorse il più grande numero di chiese mai confron- tatesi in europa. da allora si sono susseguite altre assemblee ma soprattutto la Conferenza ha cominciato a dotarsi di strutture. negli ultimi anni i temi affrontati sono stati soprattutto l’accoglienza degli immigrati e dei rifugiati politici.

La struttura istituzionale di dialogo più importante di tutte è il Consiglio ecumenico delle Chiese (CeC) con sede a ginevra.

L’attuale CeC raccoglie l’eredità di tre diversi movimenti: “fede e Costituzione” (tuttora operante come commissione a sé all’interno del Consiglio), che cerca l’unità attraverso il dialogo dottrinale; “Vita e azione”, che cerca l’unità nell’impegno comune e solidale al servizio dell’umanità; il “Consiglio missionario Internazionale” (confluito nel CeC nel 1961), grazie al quale resta viva la coscienza del nesso indissolubile tra unità e missione.

Il CeC comprende 349 chiese che aderiscono nell’intento di cercare insieme l’unità, di dare una comune testimonianza e un comune servizio al mondo. sono sparse in più di 110 paesi del mondo e rappresentano oltre 560 milioni di cristiani tra appartenenti a chiese ortodosse, chiese riformate, anglicani, Battisti, Luterani, metodisti e alcune chiese indipendenti.

La struttura di ginevra offre a tutte queste chiese anche uno spazio fisico con uffici, biblioteca, archivio, sale di riunioni e di preghiera ma poi il CeC dilata le proprie pareti con interventi, workship, missioni, servizi in ogni parte del mondo, svolgendo una funzione di collegamento, informazione e soprattutto promuovendo nuove figure professionali di mediatori di conflitti religiosi. per tutto questo è fondamentale il sito internet del CeC che si può consultare all’indirizzo www.oikoumene.org.


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Il Consiglio convoca ogni dieci anni circa delle assemblee mondiali, che costituiscono le grandi tappe del cammino ecumenico; l’ultima ha avuto luogo nel febbraio 2006 a porto alegre, in Brasile. La base teologica del CeC, fissata nel 1948 e ampliata nel 1961, è la seguente: “II Consiglio ecumenico delle Chiese è un’associazione di Chiese che confessano il signore gesù Cristo come dio e salvatore secondo le scritture e cercano perciò di realizza- re insieme la loro comune vocazione per la gloria dell’unico dio, padre, figlio e spirito santo”. non vuole essere dunque una super-Chiesa ma desidera, invece, aiutare le Chiese a diventare ecumeniche nei loro rapporti reciproci e a crescere insieme verso l’unità visibile. dal 1965 la Chiesa cattolica è entrata in dialogo, a livello internazionale e locale con tutte le altre grandi famiglie di chiese cristiane e con lo stesso CeC, pur senza entrare formalmente in esso. si è costituito infatti un “gruppo misto di lavoro” che collabora attivamente alle attività del CeC. Congiuntamente ha scelto di partecipare a pieno titolo alla Commissione Fede e Costituzione. In questo modo la teologia cattolica ha potuto dare il suo contributo al lavoro della commissione e, indirettamente, alla stessa definizione degli obiettivi e della natura del CeC.

3. metodi usati per la gestione dei conflitti

La preghiera

Le strutture preposte al dialogo si devono dotare di metodi di lavoro. trattandosi di Istituzioni religiose il metodo principale non può che essere la preghiera.

già nel 1908 il rev. paul Wattson istituì un “ottavario di preghiera per l’unità” (Chair of Unity Octave), dal 18 al 25 gennaio. La prima volta fu celebrato a graymoor (new York) con la speranza che potesse diventare un appuntamento a larga partecipazione. In effetti negli anni successivi l’orga- nizzazione dell’ottavario ebbe una base sempre più ampia.

nel 1926 il movimento fede e Costituzione iniziò la pubblicazione dei “suggerimenti per l’ottavario di preghiere per l’unità dei cristiani” (Suggestions for an Octave of Prayer for Christian Unity). nel 1935 l’abate paul Couturier5

5 a lui si deve, nel 1937, la nascita del cosiddetto “gruppo di dombes, il primo gruppo


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promosse in francia la “settimana universale di preghiere per l’unità dei cri- stiani” basata sulla preghiera per “l’unità voluta da Cristo, con i mezzi voluti da lui” e probabilmente non è un caso che molti anni più tardi, quando la prepa- razione del materiale per la settimana di preghiera fu affidata a un gruppo ecu- menico questo avvenne proprio in francia. nel 1958, infatti, la settimana fu preparata dal Centre Œcuménique Unité Chrétienne di Lione, in collaborazione con la commissione fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle chiese.

nel 1966, a Concilio Vaticano II ultimato, ancora la stessa commissio- ne fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle chiese insieme al segretariato per la promozione dell’unità dei cristiani (attuale pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani) decisero di preparare congiuntamente ogni anno il testo ufficiale della settimana di preghiera e riuscirono a far partire il progetto già due anni più tardi, nel 1968.

a partire dal 1975 fu introdotta una nuova, importante modifica nell’or- ganizzazione comune. da quella data, infatti, la settimana di preghiera si basa su un testo biblico proposto, approfondito e attualizzato da un gruppo ecume- nico di base di un diverso paese del mondo. anno dopo anno sono stati così coinvolti tutti i continenti, ciascuno con le proprie caratteristiche, sensibilità e capacità di inculturazione.

dal 2004 una nuova rivoluzione: la collaborazione tra la commissione fede e Costituzione (Consiglio ecumenico delle chiese) e il pontificio con- siglio per la promozione dell’unità dei cristiani (Chiesa cattolica) non è più solo nella supervisione e approvazione del lavoro del gruppo ecumenico di turno ma è una vera “promulgazione comune”. a seguito di un accordo sti- pulato tra le parti il materiale per la settimana di preghiera per l’unità viene prodotto e pubblicato congiuntamente, con formato unico per le versioni inglese e francese.

misto tra teologi protestanti e cattolici. Il primo incontro si tenne nel monastero trappista di notre dame des dombes, un’abbazia cistercense a 40 km a nord di Lione sull’altopiano di Les dombes. negli anni successivi gli incontri si ripeterono, aumentò il numero dei partecipanti e si allargò l’area geografica di provenienza. da allora i partecipanti (circa una quarantina) sono professori di diverse università e seminari di francia, membri del Consiglio mondiale delle Chiese, pastori svizzeri e francesi e fratelli della comunità monastica di taizé. dal 1998 ne fanno parte anche alcune donne. attualmente la sede degli incontri è l’abbazia benedettina di pradines vicino a roanne (nella Loira).


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nel 2008 la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è giunta al suo primo centenario. a fronte di un millennio di divisioni, reciproche scomuniche e lotte spesso sanguinose, cento anni di preghiera comune sono veramente pochi tuttavia i frutti spirituali che essi hanno prodotto sono sorprendenti. La crescita spirituale non si definisce con unità di misura relative ma si traduce in diversi modi di pensare e di pensarsi, in una maggiore e progressiva comprensione della Bibbia, in una fraternità riconosciuta, in un passaggio dell’ecumenismo dalla sfera dello “straordi- nario” all’ordinarietà.

Il dialogo

un altro metodo fondamentale per il superamento dei conflitti che attiene alla sfera religiosa non meno che a quella politica è il dialogo. per avere un’idea di quanto questo metodo sia oggi più ampiamente seguito che in passato basta guardare ai numeri: il termine dialogo dalla Chiesa cattolica (l’ultima in ordine di tempo ad aprirvisi) viene usato 3 volte nell’enciclica Unitatis Redintegratio del 1965 e 30 volte nel direttorio ecumenico del 1993.

La definizione di questo metodo è contenuta, ancora una volta, nel voca- bolo stesso che lo indica: parola attraverso. si tratta di trovare il modo di cre- are legami, relazioni, attraverso le parole. non si tratta di un metodo debole, di facciata o di fredda cortesia, perché il termine logos ha in sé anche il senso di raccolta, il dialogo è dunque finalizzato a raccogliere frutti. per questo per essere autentico esige: – pariteticità (nessuna delle parti si può supporre superiore all’altra); – reciprocità (è necessaria la disponibilità a mettersi nei panni dell’altro); – cura della ricezione (i frutti vanno condivisi, incarnati, fatti assimilare

dalle rispettive basi)6.

Laddove risulti difficile utilizzare un tale metodo con più partners, è sufficiente cominciare con due. I dialoghi cosiddetti bilaterali tra chiese, comunità ecclesiali o famiglie di chiese sono molti sia felicemente arrivati in porto sia in corso. In particolare per la Chiesa cattolica, per la quale è più

6 Cfr. la supplica in forma di decalogo del monastero di Chevetogne (18 gennaio 1997) in g. Bruni, Quale ecclesiologia?Cattolicesimo e Ortodossia a confronto, il Dialogo ufficiale, milano, paoline, 1999, p. 332.


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difficile partire con le premesse elencate sopra, questa scelta è più frequente e realizzabile7.

La linea preferenziale per il dialogo bilaterale non ha impedito, comun- que, la partecipazione cattolica a consigli di chiese a livello nazionale e regionale. Il Direttorio ecumenico del 1993 ammette espressamente questa possibilità e attribuisce alle conferenze episcopali la decisione in merito. molti sono i dialoghi aperti o giunti a piccole e grandi conclusioni condivise. I documenti ufficiali che le riportano sono raccolti nei volumi dell’Enchiridion Oecumenicum. dal 1986 le edizioni dehoniane di Bologna (edB) pubbli- cano annualmente in volumi di piccole dimensioni ma di grande interesse storico gli atti di questo fermento di incontri e accordi realizzati nel mondo tra le diverse chiese sia a livello teologico che pastorale. per dare un’idea: a) un esempio a livello mondiale: la dichiarazione congiunta sulla dottrina

della giustificazione (1999)8; b) un esempio a livello europeo: la Charta oecumenica. Linee guida per la

crescita della collaborazione tra le Chiese in Europa, (2001)9; c) un esempio a livello italiano: il documento per la celebrazione dei matri- moni interconfessionali firmato dalla Conferenza episcopale Italiana e dal sinodo delle chiese valdesi e metodiste in Italia (1997)10. Quest’ultimo

7 Cfr. ad es. Ecclesiological and Ecumenical Implications of a Common Baptism, World Council of Churches - Catholic Church, Joint Working group, 2005 [implicazioni ecclesiolo- giche ed ecumeniche di un Battesimo comune, gruppo misto di lavoro tra la Chiesa Cattolica e il Consiglio ecumenico delle chiese, 2005] oppure the Grace given you in Christ: Catholics and Methodist Reflect further on the Church, methodist - Catholics dialogue, 2006 [La grazia che vi è stata data in Cristo: Cattolici e metodisti approfondiscono la riflessione sulla Chiesa, dialogo Cattolico-metodista, 2006]. I dialoghi della Chiesa cattolica sono consultabili anche su www.prounione.urbe.it.

8 Il testo si può trovare in molti siti internet tra cui www.cesnur.org, per commenti e approfondimenti cfr.: f.f. ferrario - p. ricca (a cura di), Il consenso cattolico-luterano sulla Dottrina della Giustificazione. Documenti ufficiali e commenti, torino, Claudiana, 1999; W. Kasper, Raccogliere i frutti. Aspetti fondamentali della fede cristiana nel dialogo ecumenico, in “Il regno” 19 (2009); a. maffeis (a cura di), Dossier sulla Giustificazione. La Dichiarazione congiun- ta cattolico-luterana, commento e dibattito teologico, Brescia, Queriniana, 2000.

9 Cfr. Charta Oecumenica, un testo, un processo, un sogno delle Chiese in Europa, torino, Claudiana, 2007.

10 Cfr. www.chiesavaldese.org.


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documento, oltre ad essere molto importante sotto l’aspetto pastorale e per le opportunità che offre in un paese così poco abituato alla collabo- razione tra le chiese, costituisce anche un “precedente” particolarmente significativo. Il 30 giugno 2009 è stato infatti siglato un documento ana- logo, ad esso ispirato, tra Chiesa Cattolica italiana e ucebi (unione delle chiese evangeliche battiste in Italia).

ancora nel campo del dialogo e del confronto va segnalata la collabo- razione a livello europeo tra la Conferenza delle chiese europee (KeK) e il Consiglio delle conferenze episcopali europee (CCee). Le assemblee europee di Basilea (1989), di graz (1997) e di sibiu (2007) hanno impresso un nuovo stile alla collaborazione attraverso l’allargamento della partecipazione e lo sviluppo di un significativo ecumenismo di base favorendo anche lo scambio, la conoscenza e l’interazione tra l’europa dell’ovest e quella dell’est.

4. strumenti necessari

gli strumenti concreti da utilizzare per superare i conflitti tra cristiani e generare una cultura ecumenica devono essere degni del fine da raggiungere (l’unità voluta da gesù), ispirati dal dialogo e dalla preghiera e continua- mente aggiornati per far sì che siano conosciuti e usati nella vita quotidiana delle chiese.

oggi possiamo sottolineare tra quelli necessari: – la costruzione di un linguaggio comune; – la diffusione e la valorizzazione di accordi su argomenti specifici anche

marginali; – la partecipazione alle grandi assemblee di popolo che non hanno un pote-

re decisionale ma sono meravigliose occasioni di condivisione e conoscen-

za reciproca; – la formazione di gruppi biblici di base; – la preparazione e la celebrazione condivisa di matrimoni, battesimi e fune-

rali interconfessionali; – la collaborazione tra catechisti.


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5. Per concludere

abbiamo parlato di metodi e strumenti che devono essere, per conseguire i risultati voluti, assolutamente coerenti con il fine, in questo come in qualsiasi altro campo.

dunque qual è il fIne dell’ecumenismo? Lo stesso che il movimento ecumenico ha avuto fin dall’inizio, ma in questi cento anni si è andato chiarendo, nonostante passi avanti e passi indietro, alti e bassi, grazie alla luminosa costanza di tanti “pionieri”11 ovvero il superamento delle divisioni, l’unità visibile della Chiesa. In quale forma? La risposta a questa domanda è la principale acquisizione del nostro tempo. per usare le parole del card. Kasper, fino a pochi mesi fa presidente del pontificio Consiglio per la promo- zione dell’unità dei cristiani:

“dal Concilio Vaticano II in poi la chiesa cattolica non ha concepito questa unità visibile come uniformità, ma come unità nella pluralità e come una comunione di chiese. Il termine “comunione” proviene dalla tradizione dell’età patristica e, diventato il concetto ecclesiologico centrale del conci- lio vaticano II, ha sempre più sostituito il termine “unità” o, meglio, l’unità è sempre più interpretata come comunione. secondo una celebre formula dell’allora prof. Joseph ratzinger, le chiese devono diventare una sola chiesa, ma rimanendo nello stesso tempo chiese”12.

Certo tutto questo non può avvenire né presto, né saltando passaggi, quel- lo che si può sottolineare oggi è la consapevolezza che i cristiani, battezzati, sono già fin d’ora membri dell’unico corpo di Cristo anche se le chiese vivono ancora una fase intermedia definita appunto di Comunione imperfetta. Il passo definitivo verso la comunione perfetta è ancora molto lontano e avvolto nella nebbia. molte sono le questioni storiche e teologiche di antica data mai risolte: il primato di pietro, i rapporti con lo stato, l’impegno per la pace e, ancora più a monte, il modo con cui le chiese concepiscono sé stesse e quindi le diverse ecclesiologie che ne derivano. molti ancora sono gli ostacoli nuovi, sorti negli ultimi anni: l’ordinazione delle donne, le questioni etiche quali i temi di inizio e fine della vita o l’omosessualità.

11 Voglio qui ricordare, fra gli altri, mons. alberto ablondi, frere roger, p. olivier Clement. 12 Cfr. W. Kasper, Vie dell’unità. Prospettive per l’ecumenismo, Brescia, Queriniana, 2006, p. 63.


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tuttavia in questo stadio di “già e non ancora” che è proprio di tutti i progetti di convivenza pacifica da realizzarsi nella storia ci sono moltissime attività che le varie chiese e comunità ecclesiali attualmente possono svol- gere insieme: dal promuovere incontri di reciproca conoscenza al diffondere e presentare insieme biografie e storie di testimoni della fede cristiana; dallo svolgere insieme assistenza spirituale e cura pastorale in luoghi come gli ospe- dali, le prigioni o i campi profughi all’organizzare pellegrinaggi ecumenici; dal promuovere programmi comuni di formazione in particolare sul battesimo allo studiare insieme i documenti delle rispettive tradizioni.

L’impegno comune, poi, più importante di tutti è e sarà quello per la pace. proprio su questo tema si terrà la prossima “Convocazione ecumenica internazionale” indetta dal Consiglio ecumenico delle Chiese per maggio 2011 a Kingston, in giamaica13. Il titolo dell’iniziativa, “gloria a dio e pace sulla terra”, si pone in continuità con il processo conciliare su giustizia, pace e salvaguardia del creato iniziato dalle chiese nel 1989. nel documento preparatorio della “dichiarazione ecumenica per la pace nella giustizia”, che dovrà concludere la convocazione, si afferma che “la pace non è un dono che si possiede oppure no, ma uno stile di vita che deve caratterizzare l’intera esistenza di un cristiano”. Il pastore geiko müller-fahrenholz coordinatore del gruppo di lavoro del CeC che l’ha preparata, presentandola ufficialmen- te ha sottolineato: “Il documento vuole definire la pace come un cammino, una missione e una disciplina spirituale che ci porta ad abbandonare la paura e l’egoismo, e a ripudiare la violenza”. In questo percorso, la missione delle chiese è di educare le nuove generazioni di cristiani a vivere la pienezza della pace di dio che si esprime in ogni ambito della vita. una missione spesso disattesa nel corso della storia, quando singoli cristiani e intere chiese hanno ceduto alla tentazione di benedire le armi e fomentare i conflitti.

13 per tutte le informazioni sulla Convocazione vedi www.overcomingviolence.org.


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Bibliografia

J.a. moehler Institut (a cura di), Le Chiese cristiane nel Duemila, Brescia, Queriniana, 1998.

g. Bruni, Grammatica dell’ecumenismo, assisi, Cittadella editrice 2005, pp. 50-73. aa.VV., Dizionario del Movimento Ecumenico, Bologna, edB, 2001.


Date importanti del Movimento Ecumenico

1910 Conferenza missionaria di edimburgo.

1920 enciclica del patriarcato ortodosso di Costantinopoli e appello di Lambeth.

1925 Vita e Azione: conferenza di stoccolma. 1927 Fede e Costituzione: conferenza di Losanna. 1928 enciclica Mortalium animos di pio XI. 1935 paul Couturier: preghiera per l’unità come Cristo la vuole.

1937 Conferenza di oxford (Vita e Azione) e di edimburgo (Fede e Costituzione). Libro di Yves Congar Chrétiens désunis (Cristiani disuni- ti). fondazione del Gruppo di Dombes.

1948 amsterdam: nascita del CEC - Consiglio Ecumenico delle Chiese.

1949 reciproco riconoscimento della comune preghiera del padre nostro.

1952 Fede e Costituzione: conferenza di Lund. Conferenza cattolica per le que- stioni ecumeniche.

1954 CEC: assemblea di evanston.

1959 giovanni XXIII annuncia il Concilio Vaticano II.

1960 Creazione del Segretariato per l’unità dei cristiani. primi osservatori cat- tolici ufficiali a Fede e Costituzione.

1961 CEC: assemblea di nuova delhi. - 82 -

S. Nannipieri, I Fondamenti del dialogo ecumenico

1962-1965 Concilio Vaticano II.

1963 Fede e Costituzione: conferenza di montréal. nascita dei primi gruppi di famiglie miste

1964 paolo VI e il patriarca atenagora s’incontrano a gerusalemme 1965 Creazione del Gruppo Misto di Lavoro (Chiesa cattolica - CEC). 1966 L’arcivescovo di Canterbury, m. ramsey, a roma. 1967 paolo VI a Istanbul; atenagora a roma.

1968 CEC: assemblea di uppsala. alcuni cattolici membri di Fede e Costituzione

1969 paolo VI al CEC a ginevra 1972 pubblicazione del nuovo testamento della Tob (Traduzione ecumenica

della Bibbia)

1975 CEC: assemblea di nairobi. pubblicazione della Tob completa.

1978 Chantilly: prima riunione al vertice KEK-CCEE (Conferenza delle Chiese europee - Consiglio delle conferenze episcopali europee).

1982 Battesimo, eucarestia, ministero. testo della Commissione Fede e Costituzione, Lima 1982.

1983 CEC: assemblea di Vancouver.

1984 giovanni paolo II al CEC a ginevra.

1986 giornata mondiale di preghiera per la pace convocata da giovanni paolo II ad assisi (27 ottobre) con la partecipazione di rappresentanti delle Chiese cristiane e delle religioni.

1989 assemblea di Basilea (KEK e CCEE). 1990 CEC: raduno “giustizia, pace e salvaguardia del creato” a seul. 1991 CEC: assemblea di Canberra. 1995 enciclica Ut unum sint di giovanni paolo II.

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M. Salani (a cura di), Cristianesimo Cristianesimi. Fra conflitti e ricerca di pace

1997 pubblicazione della Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustifica- zione (rappresentanti della Chiesa Cattolica e delle Chiese Luterane).

1998 CeC: assemblea di harare. Risoluzione del Consiglio della Federazione luterana mondiale circa la Dichiarazione congiunta. Risposta della Chiesa cattolica alla Dichiarazione congiunta del pontificio Consiglio per la pro- mozione dell’unità dei cristiani di intesa con la Congregazione per la dottrina della fede.

1999 Dichiarazione ufficiale comune della Federazione luterana mondiale e della Chiesa cattolica.

2001-2002 Charta œcumenica (KeK-CCee: Conferenza delle Chiese europee Consiglio delle conferenze episcopali europee).

2006 CEC: assemblea di porto alegre. 2007 terza assemblea ecumenica europea di sibiu

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